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Selma, la strada per la libertà. Una recensione

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Come sempre mi ritrovo in processione pronto a “buttarmi in un cinema con la pietra al collo” come direbbe De Andrè e sorbirmi un nuovo polpettone cinematografico americano; d’altronde sono un precario, che deriva da prex ossia preghiera, e quindi la liturgia orante è la mia condizione naturale.

Questa volta sono venuto a vedere un film su Martin Luther King: Selma, la strada per la libertà. Il tema è importante ed emozionante, riguarda le marce fatte per il diritto di voto dai militanti neri nel marzo 1965 in Alabama. Nel sud degli Stati Uniti infatti questi cittadini statunitensi non avevano accesso alle liste elettorali e quindi rimanevano costantemente emarginati nel proprio stesso paese. Insomma c’è materiale per raccontare una storia patriottica e di civiltà ma, saranno i miei indomabili pregiudizi, sarà che loro sono americani, il racconto è di una noia mortale e più che una battaglia politica sembra la pubblicità delle morositas.

Quello che poteva essere un film su importanti conquiste politiche è soltanto un saggio sulle tattiche e strategie di Martin Luther King. E’ proprio questo il conto che il film paga alla cultura americana: incapacità totale a riflessioni storiche e filosofiche, semplificazione estrema in “noi” e “loro” (dove i loro sono i bianchi tutti rigorosamente o cattivi o coglioni) e mero approccio sociologico sul marketing politico, qualità oratoria e capacità di mainstreaming di Luther King. Il film in definitiva descrive il modo abbastanza freddo in cui il protagonista riesce a incastrare il presidente Johnson e far approvare la legge federale per il diritto di voto ai neri; fino alla scena, non mi è chiaro quanto voluta o meno, in cui i militanti neri quasi si danno compiaciute pacche sulle spalle perché alcuni razzisti bianchi hanno ammazzato un bianco simpatizzante dei diritti dei neri: è quello che King aspettava, il Presidente Usa sarà finalmente costretto a dargliela vinta.

Sappiamo che la condizione dei neri negli Stati Uniti è vergognosa anche oggi, ma a quanto pare un paese che si vuole patriottico, ma non ha una vera idea di Patria, non riesce ad affrontare la questione degnamente. La stessa presenza di Obama alla presidenza è più una excusatio non petita che la normalizzazione dei diritti dei propri cittadini. Così me ne esco dal cinema più dubbioso di prima mentre le parole di Martin Luther King tuonano davanti al Campidoglio di Gesù Cristi, Dio ci illumina la via, rendiamo grazie al signore…

Sono americani, Alleluia!

Matteo Guinness


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